Ho 42 anni e da una vita mi nutro di film, libri e musica. Stasera, seduto alla mia scrivania, cerco di trascrivere l’emozione di aver visto ridere di gusto i miei figli di 6 anni, la mia famiglia, guardando il seguito di Hotel Transilvania. Non esiste nulla di più bello. Ti riappacifica con te stesso e il mondo.

Non so chi sia il regista, non ha importanza, non so chi siano i doppiatori. Mi sono lasciato andare. Una favola, un seguito, che non eguaglia la perfezione stilistica e narrativa del primo, ma è molto di compagnia, di allegria. Spensierato, poco cervellotico. Una favola in cui i mostri convivono con gli umani, almeno ci provano. Mostri poco mostri. Non cattivi come noi esseri umani. Nel film c’è un lupo mannaro, Wayne, che non è più capace di mangiare un capriolo perché si è abituato alla carne surgelata; un Frankenstein che non spaventa ma si fa selfie spiritosi con delle ragazze cui voleva fare paura.

E Mavis, la vampirella figlia del Conte Drac, allegra e dolce. E Jonathan, il ragazzo goffo e intelligente che capita a sproposito nell’hotel gestito da Drac e finisce con lo sposare sua figlia Mavis: insieme avranno Dennis, piccolo aspirante vampiro, tenero e coccolone, dai capelli rossi foltissimi.

La famiglia lupetti mannari composta da Wayne, Wanda e i loro cuccioli è spassosissima. Murray la mummia e Griffin la gelatina, un po’ sfigato.

La storia: Mavis vorrebbe andare a vivere in California mentre Jonathan restare nell’hotel, unico posto dove si sente veramente a suo agio; nessuno gli rinfaccia di essere strano e incomprensibilmente anormale. Il Conte Drac farà di tutto, con conseguenze comiche, pur di tenersi il nipotino vicino.

Non ci si deve spiegare nulla, è una apologia animata dell’amicizia, un pretesto con cui certi grandi più intelligenti ricordano a certi grandi meno intelligenti quanto sia importante accettarsi per ciò che si è; amare il prossimo perché il prossimo è chi incontri appena fuori di casa tua, là dove nessuno ti conosce. In assenza del sole, tutti abbiamo bisogno di un accendino.