Robert, Harvery e Scott sono legati da un s(i)mile progetto, un’idea, un’intuizione semplice che come tutte le cose semplici è in grado di creare terremoti intorno a sé. Sicuramente non avete la minima idea di chi siano questi due signori, ma le loro due piccole invenzioni sono usate da miliardi di persone di ogni età, nazione, etnia, milioni di volte al giorno.

Harvey Ball era un giovane disegnatore e nel 1963 fu incaricato di disegnare qualcosa che potesse risollevare il morale di due assicurazioni che si erano fuse tra loro (si sa come vanno queste cose…).

La sua fu un’idea dirompente come solo le cose semplici sanno esserlo, Harvey disegnò lo smiley, il faccione giallo dal sorriso rubicondo che tutti conosciamo. Un’idea che fece il giro del mondo, diventò il simbolo dello spirito di ribellione dei ragazzi dell’epoca ed arrivò nel ’71, l’anno in cui si registrò l’apice del successo del simbolo, a vendere 50 milioni di spillette

Harvey Ball fu pagato per quel lavoro 45 dollari e ci mise dieci minuti a realizzare il simbolo.

Harvey era anche un uomo di cuore, non richiese mail la registrazione del marchio, che l’avrebbe reso certamente più famoso e, ancor di più, ricchissimo. Nel 1999 le poste americane stamparono una serie di francobolli per onorare Harvey.

Harvey Ball non ha mai voluto registrare la sua creatura, pur consapevole dei vantaggi economici che ne avrebbe ricavato perchè la sua filosofia era “posso mangiare una sola bistecca alla volta e posso guidare una sola auto alla volta”. Gente di altra stoffa!

Harvey Ball morto nel 2001 dopo una breve malattia all’età di 76 anni.

Harvey mostra il suo miglior sorriso. A sinistra. 🙂
Negli anni però un altro personaggio ha (re)inventato(?) lo smiley. Era un informatico e professore universitario e lo utilizzò per la prima volta nel 1982, in una chat – immaginate le chat di allora non come quelle attuali, ma come una sequenza di testo molto scarno con formattazioni del testo e rappresentazione di esso oggi assolutamente improbabili e forse incomprensibili.
Scott Fahlman, ecco il nome del nostro secondo uomo, notò, appunto, che molto spesso in queste chat (succede ancora oggi) non potendo comprendere il tono di voce o il senso scherzoso di una frase capitasse non di rado che prendessero vita accese discussioni (flame) difficili da sedare.
Così tento di creare un piccolo codice che potesse semplificare la comprensione del “tono di voce” di un interlocutore. La prima proposta fu -) per indicare un tono scherzoso e conseguentemente -( per indicarne il senso opposto.
Solo successivamente Fahlman aggiunse i “:” che tutt’oggi rendono più espressivo e simpatico lo smiley grazie a quei piccoli occhietti che sembrano strizzati da un gioviale sorriso.
La storia ci racconta che il post in cui Fahlman ha usato il suo smile per la prima volta è andato perso finché nel 2002 un gruppo di informatici non è riuscito a riportarlo in vita. Attualmente il primato di Fahlman è ancora oggetto di discussione.
And the winner is…

Il simbolo dello smiley tuttavia potrebbe non essere un’invenzione così recente. In un testo datato 1648 (vedi foto) appare quello che è inequivocabilmente uno smiley. Il simbolo appare nei versi delle Esperidi di Herrick e fu notato da Levi Stahl. A quel tempo l’uso delle parentesi era molto raro e si è subito escluso l’errore tipografico in favore di una scelta volontaria in quanto il simbolo appare di immediatamente dopo il testo “smiling yet”. C’è da dire però che in alcune altre versioni dello stesso testo il simbolo non appare per cui si è ipotizzato che l’intervento possa essere posteriore alla redazione del poema.

C'è poco da ridere.
C’è poco da ridere.

Per concludere, che quei due o tre caratteri tipografici li si debba ad un poeta, ad un designer o ad un informatico l’importante è che lo smiley ci sia e viva tra noi.

Usiamolo più spesso e sopratutto dipingiamo lo smiley con i nostri muscoli facciali, è una delle grandi risorse che nessuno può e deve toglierci!

🙂