Dalla sera alla mattina un partito “rivoluzionario” che non fa più paura a nessuno. Buona notizia davvero, nel rispetto del voto degli italiani.

Caro Direttore,

come nell’italico costume, fra due mesi ci saranno in giro più grillini che fili d’erba nei campi. Lo dico senza ironia né sorpresa, ma con qualche timore. Non penso che i grillini faranno la rivoluzione promessa (sono italiani anche loro), ma temo che l’assuefazione non sia una buona consigliera. Rimesso in ripostiglio il Vaffa, recuperate giacca e cravatta con Di Maio, i grillini si presentano come il partito della “nuova sinistra”, e come tali vengono ormai percepiti, avendo loro succhiato i voti dalla sinistra tradizionale. Dopo dieci anni di insulti e sberleffi agli uomini che, nel bene e nel male, avevano costruito un Paese uscito distrutto dalla guerra voluta dal regime fascista, gli ex del Vaffa cercano appoggi della sinistra tradizionale, il Pd, per governare; rassicurano Confindustria; non parlano più di uscire dall’Europa e dall’euro; insomma si sono costituzionalizzati. Dalla sera alla mattina un partito “rivoluzionario” che non fa più paura a nessuno. Buona notizia davvero, nel rispetto del voto degli italiani.

Ora, può anche darsi che il grosso del Pd faccia la ragionevole scelta di appoggiare un governo Di Maio, piuttosto che mettere il Paese nelle mani di Lega e Fratelli d’Italia (Berlusconi conta poco ormai e sembra preoccupato più della sua roba). A me, che voto Pd dalla nascita, la cosa fa un po’ specie, ma posso capire che l’interesse del Paese lo imponga, e che un partito responsabile debba farsene carico anche nel momento della sconfitta. Un compromesso per evitare guai peggiori, certo, ma senza scordarci la natura dei grillini. I quali, salvo triplo salto avvitato, rimangono nazionalisti, populisti, antieuropeisti, assistenzialisti, anti-vaccinisti, cioè anti sistema. Il loro “mondo nuovo” dei confini e dell’egoismo ci riporterebbe a culture sconfitte nel sangue di milioni di innocenti. Quelle culture che generarono la prima guerra mondiale, il nazi-fascismo e la seconda guerra mondiale. Oggi il mondo, dall’America alla Russia, alla Cina, all’Iran è di nuovo in ebollizione, noi siamo una pulce sullo scacchiere mondiale e, fuori dall’Europa, saremmo meno di una pulce. Se il Pd non parte da qui nel “patto” con i grillini, non ci sarà molto da stare allegri.

Naturalmente, vorrei sbagliarmi.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).