Il Glifosato tra questioni politiche, opinioni comuni, evidenze scientifiche e interessi commerciali

Quando si parla di potenziali rischi di determinate sostanze per la salute umana è sempre bene partire dai numeri e usare rigore scientifico.

Recentemente, la commissione europea ha deciso di rinnovare l’autorizzazione al commercio degli erbicidi contenenti glifosato, scatenando una ridda di polemiche che difficilmente si placheranno. Questo perché in tutta la vicenda che ha portato la commissione europea a dare il beneplacito all’utilizzo dell’erbicida più usato al mondo per altri cinque anni è molto difficile distinguere e discriminare tra le questioni politiche, le opinioni comuni, le evidenze scientifiche e soprattutto gli enormi interessi commerciali in gioco.

Andiamo per ordine. Cos’è il glifosato?

Il glifosato è un erbicida registrato per la prima volta come tale nel 1974 negli Stati Uniti dalla multinazionale Monsanto con il nome commerciale di Roundup (Il brevetto della Monsanto è scaduto nel 2001 e da allora il glifosato è prodotto da un gran numero di aziende). Il suo uso si è diffuso rapidamente in tutto il mondo grazie anche al fatto che alcune coltivazioni geneticamente modificate sono in grado di resistere all’erbicida: in pratica il glisofato elimina ogni erbaccia o qualsiasi altra pianta dal terreno, tranne quella resa geneticamente resistente e che quindi si desidera coltivare. È attualmente l’erbicida più usato al mondo. Si è stimato che negli ultimi vent’anni sono stati “spruzzati” circa 0,5 kg di glifosato su ogni ettaro di terreno coltivato sul pianeta. Il glifosato tra l’altro è l’erbicida più usato oltre che per la sua efficacia nell’eliminare le piante infestanti anche per la caratteristica di rimanere negli strati superficiali del terreno e di essere degradato e distrutto con relativa facilità dai batteri del suolo.

Negli anni, l’interesse per il glifosato è cresciuto non solo tra gli agricoltori, ma anche tra la comunità scientifica per cercare di dare una risposta alle preoccupazioni dell’opinione pubblica circa i potenziali rischi per la salute.

Consultando una delle biblioteche virtuali più importanti per la comunità scientifica, PubMed, dove vengono censiti la maggior parte dei lavori scientifici, si scopre che ad oggi si contano circa 2.600 studi pubblicati sul glifosato, cioè il 5% degli articoli scientifici che trattano di erbicidi.

Cercando poi specifiche correlazioni e studi tra l’uso del glifosato e tossicità, tra glifosato e insorgenza dei tumori, tra glifosato e salute umana, questi sono i numeri dei lavori pubblicati:

817 studi su glifosato e tossicità

200 studi su glifosato e tossicità nell’uomo

66 studi su glifosato e tumori

Cosa rappresentano questi numeri e quali sono le conclusioni da questa mole di studi?

La numerosità dei lavori, non tutti in verità pubblicati su riviste prestigiose, ci dice subito che tanto è stato fatto, ma confermano anche che molte sono ancora le incertezze.

In particolare, molti degli studi sono stati condotti su modelli animali e molte conclusioni di diversi studi rimangono dibattute e controverse. E forse anche per questo che diverse istituzioni e organizzazioni scientifiche internazionali si sono espresse in modo non del tutto concorde circa la potenziale pericolosità del glifosato.

Cosa dicono queste organizzazioni internazionali?

Nel 2015, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), con sede a Lione, ha revisionato i vari studi relativi ai possibili effetti del glifosato sia sull’uomo che sugli animali. Sulla base di questi studi, l’IARC ha inserito il glifosato nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene” (categoria 2A). Da sottolineare tuttavia che quel “probabilmente” viene coniugato come “possibilità” che una sostanza sia cancerogena e non come probabilità, ovvero rischio che quella sostanza provochi effettivamente un danno. Tanto per fare un esempio, nella stessa categoria 2A sono presenti sostanze come il DDT, gli steroidi anabolizzanti, le emissioni da frittura in oli ad alta temperatura, le carni rosse, le emissioni prodotte dal fuoco dei camini domestici alimentati a legna o con biomasse. Si tratta in pratica di sostanze per cui ci sono prove limitate di cancerogenicità nell’uomo, ma dimostrazioni più significative nei test con gli animali.

Nello stesso anno, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha condotto una valutazione tecnica indipendente, giungendo a conclusioni un po’ diverse da quelle di IARC e indicando che: “è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo“. Dello stesso tenore è il rapporto dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) che ha stabilito come: “le prove scientifiche disponibili non soddisfino i criteri per classificare il glifosato come un agente cancerogeno, mutageno o come tossico per la riproduzione”.

Nel 2016 l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per il cibo e l’agricoltura (FAO) hanno condotto un’analisi congiunta per definire potenziali rischi cancerogeni del glifosato, giungendo anche loro alla conclusione che: “è improbabile che il glifosato comporti un rischio di cancro per l’uomo come conseguenza dell’esposizione attraverso l’alimentazione“.

Ma come mai ci sono studi contrastanti e giudizi discordanti?

Non è sempre facile districarsi nel complicato groviglio di tutti questi studi, ma da una attenta analisi della situazione e lettura di diversi studi scientifici emergono due fatti non trascurabili:

1) possibile falsificazione o aggiustamento dei risultati da parte di Monsanto e quindi “contaminazione” del dato scientifico (i famosi Monsanto papers); 2) diversa base di partenza nella valutazione dei rischi.

Analizziamo i due punti:

1) Qualche settimana fa, un’inchiesta del giornale americano The Guardian ha messo a confronto il rapporto EFSA con i dossier finanziati da Monsanto e presentati per richiedere il rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato. Il giornale ha scoperto che circa 100 pagine del rapporto EFSA su 4.300 sono risultate uguali a quelle dei documenti Monsanto. Quello che risulta più preoccupante ed eticamente discutibile, come emerso da due inchieste del giornale francese Le Monde è che la Monsanto abbia fatto pressioni indebite per influenzare a proprio vantaggio la pubblicazione di ricerche che davano risultati “graditi” alla multinazionale, cercando di censurare i risultati più controversi e sgraditi.

2) Molti erbicidi contengono oltre al glifosato anche altri elementi chimici. Di conseguenza alcuni degli ingredienti di questi composti possono essere molto più tossici del glifosato stesso. Ovviamente gli ingredienti classificati come cancerogeni o mutageni non dovrebbero essere usati e devono essere indicati nell’etichetta; tuttavia, la composizione completa della formulazione di molti erbicidi non è indicata dai produttori e pertanto è impossibile per i ricercatori stabilire e attribuire la potenziale tossicità della miscela come effetto di specifici ingredienti.

In effetti, proprio su questo punto e sulla base di quanto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea: “provvedere affinché i prodotti fitosanitari contenenti glifosate non contengano il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2)”, un decreto del ministero della Salute ha stabilito che i prodotti che contengono ammina di sego polietossilata accoppiata al glifosato siano ritirati dal commercio, a partire dal novembre 2016, e che il loro impiego da parte dell’utilizzatore finale fosse vietato dalla fine di febbraio del 2017.

In pratica, è la combinazione di più sostanze ad essere responsabile, secondo EFSA, degli effetti tossici sull’uomo.

Cosa fare quindi?

Molti paesi, tra cui l’Italia, hanno deciso di limitare fortemente l’uso del diserbante e di bandirlo nelle aree “frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bimbi, cortili e aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie“.

C’è un vecchio detto che dice: “il troppo storpia”!!!

In questo contesto e in questa situazione ancora poco chiara è opportuno mettere in atto il principio di precauzione, istituire cioè limiti e controlli più rigorosi nell’attesa di studi scientifici che facciano chiarezza.

Leonardo Da Vinci scriveva: “Studia prima la scienza e poi seguita la pratica, nata da essa scienza. Quelli che s’innamoran di pratica son come ‘l Nocchier ch’entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada”.

Un insegnamento questo per evitare cortocircuiti istituzionali, conflitti di interesse e scelte che spesso sono basate non su evidenze scientifiche ma su mere opinioni.


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Figlio del Salento, abitante del mondo, esploratore della conoscenza. Laurea in Scienze Biologiche, Dottorato di Ricerca in Scienze e Tecnologie Cellulari alla Sapienza Università di Roma e Research Fellow presso la Harvard University di Boston (USA) dal 1996 al 2000. Attualmente è professore ordinario di Istologia, Embriologia e Biotecnologie Cellulari presso l'Università di Roma "La Sapienza". Le sue ricerche hanno portato ad importanti risultati pubblicati su riviste scientifiche internazionali tra cui Nature, Nature Genetics, Nature Medicine, Cell Metabolism, PNAS, JCB. Da diversi anni è impegnato nella divulgazione scientifica; è coordinatore delle attività di divulgazione scientifica dell'Istituto Pasteur-Italia ed è direttore scientifico della manifestazione “Festa della Scienza” che si svolge annualmente in Salento (Andrano-LE). Il suo motto: appassionato alla verità e amante del dubbio.

28 COMMENTI

  1. Io utilizzerei ” molta ma molta ” precauzione. Nelle politiche agricole dell’Italia io spingerei molto di più sul biologico, salvaguardando cosi la nostra salute e soprattutto quella del nostro territorio
    ( ecosistema e biodiversità ).

  2. E’ importante percorrere vie alternative alla chimica.
    Mi fa piacere anche riportare la vivace discussione che si è alimentata tra un gruppo di persone/amici dopo la pubblicazione dell’articolo.

  3. Grazie Antonio dell’articolo ..è sempre un piacere leggerti … sì …da qualche anno sosteniamo la battaglia contro i pesticidi in agricoltura per gli effetti devastanti sull’uomo e non solo ..sia coinvolgendo la comunità sia personale .. la lotta continua oggi più di prima.

    • È importante fare chiarezza e pretendere il rispetto delle regole in un contesto dove spesso le persone mostrano allergia alle stesse….C’è poca consapevolezza dei rischi

  4. È importante fare chiarezza e pretendere il rispetto delle regole in un contesto dove spesso le persone mostrano allergia alle stesse….C’è poca consapevolezza dei rischi

  5. Quello che ho scritto Ivan. Il problema non è l’opinione personale, la quale spesso crea confusione e alimenta incertezze, ma cercare di capire i problemi su basi scientifiche. Mi spiego meglio. Come ho scritto nell’articolo, quando ci sono interessi economici dietro qualsiasi cosa è difficile arrivare alla verità. È importante fare chiarezza e pretendere il rispetto delle regole in un contesto dove spesso le persone mostrano allergia alle stesse. Purtroppo ad essere contaminate sono anche le menti, le teste delle persone…C’è poca consapevolezza dei rischi di comportamenti sbagliati. Il mio pensiero è che bisogna rendere edotte le persone sui potenziali rischi delle sostanze che usano. Non tutte sono uguali e soprattutto non tutto quello che si compra si sa cosa contiene. Spesso le multinazionali omettono di dichiarare in etichetta il contenuto del prodotto. E la miscela delle sostanze può essere un mix pericoloso. Quindi dal mio punto di vista devono valere 2 cose:
    1) il principio di precauzione (adottato già dall’Italia). Cioè limitare fortemente l’uso di pesticidi e soprattutto PRETENDERE dai produttori di indicare in etichetta la miscela delle sostanze inserite perché questo mix può essere veramente pericoloso per la salute;
    2) punire severamente chi non rispetta le regole di “buona pratica” senza fare sconti.
    Di nuovo il troppo storpia.
    Bisogna fare più studi, più ricerche e punire le multinazionali che falsificano i dati.
    Inoltre abolire completamente per esempio il glifosato significa anche mettere in ginocchio l’agricoltura. Abolire il mix di sostanze è invece un obbligo morale. Forse bisogna anche educare la popolazione ad evitare sprechi alimentari. Il bisogno di cibo è aumentato con una esponenzialità geometrica rispetto all’aumento aritmetico della popolazione. Questo squilibrio ha creato esigenze di consumo esagerato.
    Non voglio scomodare Marx ma tutto questo è frutto anche di un capitalismo sfrenato che ha sempre più bisogno di crescere. In questo contesto di “fabbisogno” cresce e prospera un capitalismo ipertrofico dove l’equilibrio, ovvero una crescita proporzionata dell’economia, del lavoro e del fabbisogno della popolazione, è praticamente impossibile.
    In sintesi bisogna partire da una domanda:Cosa vogliamo???

  6. Penso che nel nostro paese quello che manchi sia il pensiero razionale. Dobbiamo partire da qui per costruire una società migliore. Abbiamo l’obbligo, noi scienziati, voi politici e comunque tutti i professionisti del sapere, di educare la popolazione a comportamenti etici e al pensiero razionale.

  7. come posso non sottoscrivere? anche se, caro Antonio, è piu’ faticoso e la televisione non aiuta…come ben sai le trasmissioni che aiutano al pensiero razionale sono posizionate in orari improponibili, mentre le trasmissioni tipo G.F. in prima serata con più di 16000000 telespettatori impazzano ad ogni ora.

  8. La tua ratio però, permettimi, mente al centro del ragionamento l’essere umano! Il mio pathos mi pone nell’universo alla stregua di ogni altra forma presente!…il fatto che un erba sia infestante lo abbiamo deciso noi “umani”, magari per il sistema vita non lo è!….

  9. il mio era un discorso generale…. e non sono entrato nel merito della questione sulla quale preferisco approfondire….

  10. E quindi qual è l’alternativa Ivan??? Hai ragione che l’erba infestante l’ha definita tale l’uomo “agriculus”. Ma di nuovo cosa vogliamo???

  11. L’alternativa, anzi il passaggio obbligato, è un nuovo modello economico! Il capitalismo ormai è formula più che passata! Mi chiedi quale l’alternativa? Ti rispondo con “razionalità e pratica” io coltivo nella mia campagna considerando quella che viene indicata “erba infestante” un mio alleato (poi magari ne parliamo) e da hobbista apicoltore ritengo ogni formula di invasione nel “sistema natura” atto utile solo all’essere umano, non utile ad esempio, alle api! Lo ha detto uno scienziato non io, un certo Einstein, che l’assenza delle api per 4 anni porterebbe alla fine dell'”essere umano”! E l’utilizzo di pesticidi, singoli o “mmiscati” porta a questo!

  12. Sul superamento dei modelli economici storici sono d’accordo occorre trovare nuovi sistemi e trovare quegli equilibri tanto cari alla politica economica. Equilibri che si raggiungono cambiando stili di vita e sicuramente non è facile ci vuole appunto un premio Nobel. Ivan fare qualcosa per hobby non è la stessa cosa che farla per la sussistenza

  13. Mi piacerebbe approfondire. Del resto l’ecosistema è fatto di tutto questo. Di nuovo dobbiamo educare ed educarci all’etica del fare. Però di nuovo non bisogna criminalizzare a priori qualcosa, ma indagare, studiare per fare le scelte più eticamente appropriate

  14. Lucentino l’apicoltura o hobby o no richiede sempre lo stesso approccio! Nel tuo pensiero l’uomo è al centro dell’universo…nel mio no!

  15. L’uomo può vivere in equilibrio con altri esseri viventi piante comprese. Il problema è il raggiungimento di questo equilibrio. Il fatto che l’uomo sia al centro dell’universo non dovrebbe essere visto come accezione negativa. L’uomo deve rispettare tutto il resto. Tuttavia se dovessi per esempio scegliere tra l’uomo e la zanzara anofele che provoca la malaria non avrei dubbi.
    Poi se dovessi scegliere tra qualche uomo politico e l’ape maia sceglierei la seconda!!!

  16. Antonio la qualità dei prodotti è profondamente legata alla moralità dell’uomo e all’uso che ne fa della terra ..e su questo si potrebbero aprire un’infinità di riflessioni … .. se poi immaginiamo gli effetti sull’uomo arriviamo ai tumori , all’infertilita ecc ..ecc.. non dire che sono un po’ fissata .. ma solo molto preoccupata.

  17. Sono d’accordissimo Paola. E quello che tu dici rappresenta esattamente il mio pensiero circa la necessità di favorire e pretendere comportamenti etici da parte di tutti. È una rivoluzione che deve partire dal basso per stimolare con forza i governanti e i decisori a fare scelte e leggi che mettano in primo piano il rispetto del pianeta e quindi anche dell’uomo.Però le opinioni non servono o meglio non aiutano a molto. Ecco perché insisto sul valore della scienza e del pensiero razionale.

  18. Purtroppo abbiamo tanti esempi a noi vicini di cattive abitudini; siamo tutti radicali ma pochi studiano analiticamente il problema e poi chiusi nelle nostre case continuiamo ad adottare comportamenti che sono contrari a quello che predichiamo “per moda”. Ce la prendiamo con le multinazionali ma non ci rendiamo conto che sono le nostre scelte quotidiane che indirizzano i mercati.

  19. Mi piace la discussione peró a me piace essere più concreto. Quando parlo di sussistenza mi riferisco alle attività svolte dall’uomo per vivere dignitosamente secondo gli attuali stili di vita, che secondo me sono sbagliati e vanno rivisti. Peró, le onde elettromagnetiche, si dice, fanno male (forse), nessuno peró oggi riesce a rinunciare al telefonino. L’agricoltura permette di vivere in equilibrio con se stessi e può essere una fonte di guadagno, ma i giovani (compresi noi) scappano perché non la ritengono un’attività adeguata. Critichiamo le multinazionali che distruggono il pianeta e sfruttano i lavoratori ma non riusciamo a rinunciare ai loro prodotti. Ecc. Ecc. È chiaro che ci sia qualcosa che non quadra.

  20. Sto seguendo questa laica discussione con famelica curiosità e sto imparando tantissimo. Vi ringrazio. Comunque ci sono segnali inquietanti di fondamentalismo culturale che io sottovaluterei ben poco….

  21. È proprio così Mario. C’è purtroppo una involuzione culturale una negazione della storia ma soprattutto, cosa molto più grave e pericolosa, una ignoranza di fondo per cui il valore di chi ha studiato vale quanto l’opinione del primo cretino che apre bocca. E spesso i cretini che aprono bocca occupano posizioni di potere; per cui è difficile risollevarsi da queste macerie culturali.

  22. Ho letto per intero i commenti inerenti la discussione in tema di pesticidi e, in particolar modo, sul glifosato, e mi fa piacere che, grazie al contributo di Antonio, se ne stia parlando anche con un taglio scientifico (che sicuramente è indispensabile). Mi preme soltanto sottolineare che la nostra comunità non è nuova a questo tipo di problematica, nel senso che di pesticidi e non solo se ne sta parlando da un pó di anni. Quindi, come dire, c’è un substrato culturale, sociale e amministrativo molto attento e sensibile al tema.
    Ricordo, infatti, la prima petizione sull’uso dei pesticidi in agricoltura consegnata nel 2013 al presidente Vendola, con oltre duemila firme raccolte; la battaglia fatta in materia di xylella e il piano Silletti, la campagna “comune non avvelenato”, l’incontro pubblico fatto nel 2015 con il CSV Salento sul tema pesticidi, glifosato e incidenza degli stessi sull’aumento dell’incidenza tumorale nella popolazione salentina, la battaglia contro FSE (ferrovie sud est) che ogni anno ci irrora di glifosato sull’intero territorio comunale ecc…..Come dire, fortunatamente, non siamo all’anno zero

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