Sisifo era il figlio di Eolo, dio dei venti e di Enarete. Ebbe in sposa una della pleiadi, Merope, e fu il papà di Glauco. Subito uno scoop: secondo alcune versioni del mito, fu anche il vero padre di Odysseo!

A lui si fa risalire la fondazione di una città importante come Corinto, anticamente chiamata Efira, su cui regnò. A Sisifo si riferiscono numerosi episodi leggendari, tutti indice della sua grande astuzia e perspicacia.

Un suo rivale, Autilico, gli aveva trafugato il bestiame, ma Sisifo aveva pensato bene di incidere il proprio monogramma all’interno degli zoccoli dei suoi animali e fu così facile scoprire il ladro.

A quel punto, Sisifo pensò bene di vendicarsi con una punizione esemplare: sedusse Anticlea, figlia di Autilico, e futura sposa di Laerte nonché madre di Odysseo: ecco perché secondo alcuni autori il vero padre dell’eroe omerico sarebbe stato proprio Sisifo.

Sisifo ci prese gusto e così mise incinta anche Tiro, figlia di Salmoneo, odiato fratello del nostro “eroe”. Salmoneo aveva usurpato a Sisifo il trono tessalico, ma l’oracolo di Delfi aveva stabilito che se questi avesse avuto figli dalla nipote, i nati avrebbero vendicato il padre. Sisifo non aveva però fatto i conti con l’amore filiale di Tiro che, scoperto l’inganno, preferì uccidere i due figli avuti con lo zio/amante/seduttore. E così Salmoneo la fece franca.

Gli inganni di Sisifo non terminano qui. Fu capace anche di raggirare Zeus, Tànatos (cioè la Morte) e Persefone. Riassumiamo brevemente. Zeus, lo sporcaccione, rapì Egina e Asopo, il padre della rapita, si recò a Corinto in cerca della figlia. Sisifo disse ad Asopo che gli avrebbe svelato il nome del rapitore a patto che Asopo facesse scaturire a Corinto una sorgente di acqua perenne. Così fu: Asopo diede origine alla fonte Pirene e Sisifo fece il nome di Zeus. Quest’ultimo, per ripicca, mentre se la vedeva con la collera di Asopo, spedì a Sisifo il genio di Tànatos, ma Sisifo, con uno stratagemma, lo incatenò e lo gettò in una segreta sotterranea. A quel punto, nessuno più poteva morire, compresi quanti erano stati giustiziati mediante decapitazione, e Ares, dio della guerra, si diede da fare per liberare Tànatos e poter così continuare a mietere vittime sul campo di battaglia. Sembra proprio che la pace non convenga a quanti fanno affari con la guerra!

Ad ogni modo, Sisifo dovette cedere alle pressioni di Ares, ma aveva in serbo un ultimo notevole inganno. Presagendo il momento della sua morte, raccomandò a sua moglie Merope di non dare alcuna forma di sepoltura al suo cadavere. Quindi, sulla soglia dell’Ade, si presentò a Persefone e la supplicò di rispedirlo tra i vivi e permettergli di punire i suoi cari, colpevoli di empietà per non aver dato sepoltura al suo corpo, promettendo di ritornare subito dopo nel regno dei morti. Anche la regina dell’Ade cadde nell’inganno di Sisifo ed esaudì la sua richiesta. Sisifo tornò così sulla terra e si guardò bene dal rispettare i patti, continuando a vivere a lungo e a ordire inganni ai danni di quanti gli capitavano a tiro.

A quel punto, non poté più sfuggire all’ira degli dei. Sisifo tornò nell’Ade e fu condannato a spingere continuamente un’enorme pietra fin sulla cima di un alto monte: il masso, non appena raggiunta la vetta, rotolava dalla parte opposta e a Sisifo toccava riprendere la sua fatica.

Morale: ordire un inganno, significa fare un’immane fatica e dover ricominciare da capo ogni volta che sembra fatta. Se non vogliamo fare la fine di Sisifo, forse ci conviene non ingannare il prossimo e usare meglio la nostra intelligenza.