Il teatro non è soltanto un insieme di palchi e poltroncine numerate in platea rivolti verso un palcoscenico nascosto da un pesante sipario.

Potrebbe esserci teatro anche in una stanza vuota e qualche sedia.

Perché il teatro è fatto di umanità.

Ci sono degli uomini sul palco che sono semplici attori, ma che dopo qualche passo si trasformano. Con le loro parole e i loro gesti, diventano altri da sé e su quelle tavole di legno portano in scena una storia che – se sono bravi – non è solo una storia, ma è la vita stessa.

Ed il pubblico – quello bravo, quello che sa ascoltare – non è un semplice insieme di facce indistinte, ma condivide una vibrazione e la rimanda. L’emozione arriva come una freccia, pura e scevra di sovrastrutture del pensiero.

Ed alla fine, se tutto va come deve andare, la sala risuona di allegria, di tristezza, di commozione, o di disperazione.

Tutto ne esce trasformato.

Una fragile alchimia di emozioni e recitazione che può essere infranta dal suono di un cellulare, o che qualcuno potrebbe spezzare semplicemente parlando ad alta voce.

Un momento tanto effimero e leggero quanto vero e concreto.

È questa la magia.

Quando lo spettacolo finisce e il sipario cala, le luci si riaccendono sulla realtà e il pubblico si riscuote da quel sogno. Ma, come ogni esperienza vissuta, anche uno spettacolo lascia traccia di sé e, mentre ognuno applaude per celebrare la riuscita dell’ennesimo incanto, ripercorre ogni scena e sensazione e ci associa il proprio personale significato. Ognuno il suo, filtrato alla luce del rispettivo vissuto e sensibilità.

Il teatro è magia, certo, ma anche tanto impegno, e lo sa bene chi ci lavora.

Abbiamo voluto fare qualche domanda ad Alessandro Piazzolla che ha scelto per sé una vita legata indissolubilmente a questo mondo.

 

Ciao Alessandro. Parliamo un po’ di te. Come ti sei avvicinato a questa che oltre ad essere un lavoro è la tua passione?

Ho cominciato così, per caso, in un momento in cui volevo mettermi alla prova. Tutti mi dicevano che ero portato, ma un episodio fra tutti fu determinante. Ai quei tempi lavoravo all’estero come animatore professionista e ciò che mi convinse a provare fu il consiglio di un regista teatrale in vacanza che mi disse “Hai stoffa, peccato che ti manchi la tecnica”. Tornato in Italia decisi di provarci e mi iscrissi all’accademia.

Tu fai parte di una associazione, giusto? Come è nata e di cosa vi occupate.

Dopo una esperienza lavorativa a Napoli con altri attori, abbiamo deciso di aprire una associazione per portare avanti un nostro progetto: il teatro ovunque, non necessariamente in spazi convenzionali.

L’idea era di unire all’interno della idea teatrale più arti possibili per creare un risultato che abbiamo chiamato Teatro Fantasia.

E il nome Teatro Fantasia da dove deriva?

L’idea è tratta da due film: il primo è la Storia Infinita perché solo la fantasia può fermare il nulla che avanza, e il secondo è il film della Walt Disney perché il teatro è magia e può costruire infiniti mondi.

Cinema e teatro. Sono due forme di espressione, due modi di raccontare una storia apparentemente simili, ma in realtà molto diversi. Ti trovi d’accordo con questa affermazione?

Assolutamente sì. Ma anche il metodo di approccio al lavoro è diverso: nel teatro c’è vita, intesa come linea di continuità, cioè l’attore stesso segue l’evoluzione del personaggio dall’inizio alla fine della storia; mentre nel cinema per l’attore il personaggio esiste nell’arco della singola scena, infatti spesso si può iniziare a girare un film dalla scena centrale o addirittura finale.

Lo spettatore percepisce meno questa differenza, ma sicuramente, se vede due volte uno spettacolo teatrale dal vivo questo non sarà mai perfettamente uguale, mentre al cinema un film non cambierà di una virgola.

Spesso si parla di teatro come una di una finzione e ci si riferisce all’attore come qualcuno che semplicemente “recita un ruolo” So che ci sono diverse scuole di pensiero a tal proposito. L’attore e l’uomo. Sono poi così agli antipodi o si sovrappongono?

L’attore teatrale non dovrebbe fingere, ma sicuramente non ha vissuto tutte le esperienze che racconta, allora dovrebbe “pescare” dentro di sé tutto ciò che si avvicina il più possibile alla storia: questa può essere finta, ma l’emozione dovrebbe essere reale.

Oltre ad essere spettatori alcuni scelgono di essere parte attiva di questo processo sinergico che si crea sulla scena. Cosa pensi spinga una persona a iscriversi a un corso di teatro?

Spesso le persone pensano di venire ad un corso di teatro per imparare a fingere o perché sono capaci di mentire. La realtà dei fatti è che il teatro dovrebbe insegnare a conoscersi per superare i propri ostacoli ed essere più forti nei momenti in cui ci si può nascondere dietro una maschera. Su un palco si può essere realmente se stessi, trasformando la finzione scenica nell’unica realtà possibile, celando la propria verità dietro un personaggio. Alla fine questo è il segreto attoriale… dire ciò che si pensa celandolo dietro le parole dell’autore.

Mi stai dicendo che lo stesso monologo recitato da un diverso attore, suonerebbe diversamente?

Certamente. Perché ogni attore porta la propria esperienza personale sul palco.

Come dicevo prima, ognuno quando inizia il suo pezzo dovrebbe portare in scena con sé il proprio segreto attoriale, cioè un senso personale ad ogni parola che decanta. Questo farà risuonare il monologo ogni volta diversamente non si potrà mai vedere un Amleto uguale ad un altro perché  “l’esigenza personale” sarà diversa.

Vita e teatro per un attore non sono mai completamente scindibili ed ogni volta che qualcuno recita per noi, ci sta regalando una parte di sé. Un piccolo assaggio della sua umanità. Mai potrà suonare più vera la frase di Victor Hugo quando diceva:

“Il teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco.”