Non si contano le sue imprese: per 3 volte pellegrino a Santiago di Campostela (800 km interamente a piedi, dai Pirenei Francesi attraversando tutta la Spagna fino alla costa atlantica), numerose partecipazioni alla 100km del Passatore e ad altre gare estreme con ostacoli, le Fischerman strong che si disputano in tutta Europa, o in terra nostra, come la Gargano Running Week, su e giù per il  promontorio pugliese, che dalle splendide spiagge di Mattinata arriva fin nel cuore della Foresta Umbra, sempre in autosufficienza, cioè con acqua e viveri da portarsi dietro senza assistenza.

Le ultime due sue imprese sono di quelle che lasciano il segno: una l’ha appena portata al termine, la 100k del Magraid, nel weekend 17/18 giugno 2017, gara in cui Gionata faceva parte del Team SKy Sport Icarus e correva in squadra con campioni del calibro di Giorgio Calcaterra e la blogger runner Carlotta Montanera. 

L’altra è stata disputata il weekend successivo a questa impresa epica, il 24 giugno,  la versione ridotta della  Lavaredo Ultratrail, nel cuore delle Dolomiti, attraversando le Tre Cime di Lavaredo e 2700 di dislivello.

Abbiamo provato a intervistarlo per entrare nel cuore delle sue motivazione e provare a capire cosa spinga un maratoneta non professionista a nutrirsi di sacrifici su sacrifici pur di portare a termine delle gare così massacranti. 

Gionata, a bruciapelo: perché corri?
Correre è stata sempre un’attività che ho praticato appena trovavo un po’ di tempo libero nella mia giornata; respirare a pieni polmoni, mi ha sempre ricaricato di energia, poi farlo circondato dalla natura, da amici con cui condivido questa passione, guardare in prospettiva il mare, non mi ha fatto fermare più.
Non nascondo che appena s’inizia l’attività sportiva si sente il cuore battere forte e il respiro che si sovrappone, ma dopo 10 minuti di corsa blanda, tutto si stabilizza e con disinvoltura si va sempre più  avanti e di corsa, in questo modo, l’attività atletica mi fa sentire sempre bene e la mia forma fisica ne trae vantaggio, insomma, direi un toccasana naturale.

Raccontaci della 100km del Magraid. A proposito: forse non tutti sanno che si trova in Italia… Come è andata?
È una gara che mi ha sempre affascinato: la 100 km del Magraid si svolge in Friuli, in una zona steppica unica in Europa, sembra di stare in un territorio lunare, invece ci troviamo  vicino al comune di Cordenons, in provincia di Pordenone, dove s’incontrano i fiumi  Celina e Meduna e formano il territorio steppico denominato magredi. La parola significa proprio “terra magra”, un territorio unico nel suo genere, con alcune specie di animali e flora che vivono solo in questo territorio, per questo la gara è riservata solo a 180 corridori, proprio per riservarne la sua naturalezza. 100 km da correre in un territorio selvaggio, addentrandosi nel letto del fiume prosciugato o imbattendosi in guadi che le risorgive del sottosuolo hanno formato.
Una gara divisa in 3 tappe, dove si dorme in tende allestite dall’organizzazione, dove  si mangiano solo prodotti naturali che il territorio offre, il tutto annaffiato da uno ottimo vino, che solo in questa zona viene prodotto.

È vero che possiamo vedere in TV la tua impresa al fianco di Giorgio Calcaterra e di altri campioni del medesimo calibro?
Dal 3 luglio il programma è in onda sul canale Sky Sport Icarus, un programma televisivo outdoor, al quale io e altri amici abbiamo partecipato. V’invito a vederlo essendo un programma televisivo molto bello,  spiega al meglio i momenti salienti  della gara, oltre a far vedere come si svolge la vita da campo degli atleti prima di una gara così importante. Vi assicuro che le ansie sportive non mancano mai anche ai campioni.

E ora la ultrail del Lavaredo:  è stato  uno scenario da sogno, ma ancora una gara al limite della sopportabilità. Come ci si prepara ad una prova così?
La Lavaredo ultra trail si è svolta nel weekend successivo alla 100 km del Magraid, insomma, questa volta ho voluto osare, ero ancora stanco dal Magraid,  ma non mi sono perso d’animo, sono  2 gare differenti, ma accomunate da uno scenario naturalistico unico, per questo non mi sono arreso e sono andato avanti pian piano, anche perché io non aspiro mai a primeggiare nelle classifiche, direi che non ho più l’età, la mia più grande vittoria è arrivare al traguardo nei tempi limiti. In queste gare un po’ estreme su lunga distanza è importante sapersi gestire, usare le gambe per correre, ma bisogna saper usare anche  la testa, essendo un territorio a noi sconosciuto, con dislivelli a cui noi non siamo abituati, visto che i nostri allenamenti si svolgono su qualche salita  del Castel del Monte, differente dalle altezze dolomitiche che si vanno a incontrare; un problema che si presenta frequentemente è proprio di acclimatamento, forse la regola più giusta è proprio quella di andare pian piano all’inizio gara, in modo che il nostro corpo si adatti progressivamente, per poi sprigionare le ultime energie proprio nella parte finale. Da quelle parti, il premio finale che ti aspetta  al traguardo è proprio un boccale di birra e io me lo sono conquistato egregiamente.

Tornassi indietro, ricominceresti a correre?
Ma sicuramente in un’altra vita, vorrei farlo un po’ prima e non dopo i 30 anni…. Correre non è solo salutare, la corsa mi ha fatto scoprire un nuovo mondo di persone entusiaste dentro, sempre allegre,  con la voglia di fare sempre tante cose, non è importante  essere primo o ultimo, importante è esserci.

E che consiglio daresti a chi volesse mettere per la prima volta ai piedi le scarpe da running?
Prima di tutto una piccola visita medica che ci possa conferire l’idoneità all’attività sportiva, correre è lo sport più economico e facile che ci possa essere, basta un paio di scarpette ginniche idonee alla nostra conformazione fisica e al nostro appoggio. Ricordatevi: non serve essere veloci, serve andare al passo che il cuore ci detta.
Il suggerimento è quello di iniziare ad alternare camminata veloce alla corsa, bastano  30 min al giorno, importante è essere costanti e non fermarsi più…. i risultati arriveranno già dal primo mese di attività.
Un consiglio mi sento di darlo, visto che l’ho sempre sperimentato su di me: proprio nella giornata in cui non si ha voglia di allenarsi, non bisogna desistere, anzi è proprio in quella seduta dall’allenamento che  bisogna fare meglio e soprattutto niente scuse: fa caldo o fa freddo, con il sorriso, sempre a correre.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...