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Nessuno di noi, poi, salga in cattedra, con un becero moralismo di facciata, sorvolando sulle proprie responsabilità

Ormai non si contano più gli atti di bullismo perpetrati da studenti, genitori ed insegnanti ai danni dell’intera collettività civile e culturale. Senza che nessuno intervenga a difesa dei malcapitati. Spesso derisi e svillaneggiati persino dallo Stato, che, chiamato in causa, ne dovrebbe prendere all’istante le difese, garantendo autorità, con autorevolezza. Processando se stesso, se necessario, e promuovendo il proprio irrobustimento democratico, culturale e civile secondo i saldi principi, finora disattesi, della Costituzione.

Nei giorni scorsi ha fatto irruzione sulla ribalta della cronaca, una disdicevole iniziativa esplosa in una scuola superiore di Lucca. “Non mi faccia incazzare! Chi è che comanda qui?” urla uno studente, rivolgendosi al docente, che da poco lo aveva interrogato.  Poi, con fare minaccioso si dirige impetuoso verso la cattedra, tenta di strappargli dalle mani il registro digitale e gli ingiunge: “In ginocchio! Mi metta sei!”

La scena viene ripresa dai compagni di classe ed il filmato corre veloce su chat e social network. Non appena il Capo d’Istituto ne viene a conoscenza annuncia punizioni esemplari nei confronti dello studente incriminato e l’adozione di provvedimenti disciplinari per gli autori del documento.

È bene che il responsabile dell’azione criminosa venga punito celermente, secondo giustizia. Colpe morali ed eventuali rilievi di altra natura gravano anche in capo agli studenti che, invece di indignarsi, hanno solidarizzato, divulgando il filmato, o rimanendo spettatori silenti.  Né vanno lodati i molti navigatori del web che si sono complimentati con un “like” o un “condivido”.

Altri soggetti dovrebbero essere chiamati in causa? Ed a quali prospettive penalizzanti si dovrebbe ricorrere?

Quale modello di vita, infatti, offrono, i docenti?  Considerano gli alunni sacchi da riempire o fuochi da accendere? Si aggiornano? Sono assidui e solerti nel fornire cultura, educazione ed amore? Lavorano in squadra con genitori e colleghi?

Tempo addietro, andò in scena a Barletta, nella Scuola Media “R. Moro”, un ignobile attacco verbale di un’insegnante, una “educatrice” nei confronti di un suo collega, disabile, che aveva avuto il coraggio di denunciare alla Procura della Repubblica di Trani l’andazzo “disinvolto” dell’istituzione scolastica di appartenenza, l’ipotetica carenza di legalità. Il professore venne bollato platealmente alla presenza di docenti, genitori ed alunni, con l’infamante l’epiteto di “storpio!” Sic!

Nessun clamore mediatico sul disgustoso episodio. L’amministrazione scolastica non mise fuori dal letargo il suo imbalsamato capino burocratico. Il tribunale, a distanza di anni, indossò i panni di Ponzio Pilato, perché i tremebondi testimoni, sedicenti educatori ed educatrici, erano stati volutamente evasivi.

Il malcapitato docente, così, non ricevette giustizia, dopo avere subito offesa che, in fondo, feriva nella carne martoriata e nella sensibilità… tutti i diversi, penalizzati atrocemente dalla vita, ma anche le persone equilibrate, esenti da problematiche fisiche invalidanti.

Nessun mea culpa, oggi, dovrebbe recitare la società civile sulla sequenza di malefatte? I giovani, nella breve vita, reale e virtuale, assistono quotidianamente a testimonianze negative. Non sono pochi, infatti, gli adulti, acculturati, che prevaricano a più non posso in ambiti privati e pubblici o non alzano un dito, quando si trovano in presenza di ingiustizie e nefandezze. Anzi spesso, solidarizzando, si schierano dalla parte dei prepotenti.

Che dire, poi, dell’azione delle famiglie? Vengono coltivati con autorevolezza, il rispetto degli altri, la fiducia e la collaborazione? Non si trasforma spesso la casa in un dormitorio, un refettorio e in una sala di smartphone? Tanti genitori proteggono, per partito preso, a spada tratta, i cuccioli sotto una campana di vetro, anche quando le combinano grosse. Non si rendono conto che con la loro nefasta condotta non li aiutano ad emanciparsi, a forgiare personalità vive. Autentiche.

Un tempo, invece, gente priva di cognizioni pedagogiche e psicologiche affrontava situazioni analoghe con risolutezza ed autorità. Spesso bastava uno sguardo severo o una seria reprimenda. Talvolta, con un buon ceffone, i figliuoli venivano dissuasi dall’assumere comportamenti irresponsabili o dall’assecondare condotte di complicità deteriore.

E la politica è immune da responsabilità? Da un po’ di anni a questa parte si partoriscono a spron battuto riforme devastanti, dai nomi persino promettenti, come “buona scuola”. Infatti, gli insegnanti vengono delegittimati socialmente ed economicamente. Non si cura la preparazione didattica e pedagogica. La qualità del loro operato non subisce verifiche in itinere. Se ne svilisce di fatto l’impegno, la passione e l’ingegno profuso. Si precarizza il ruolo. Si destabilizza la continuità didattica. Si svuota l’efficacia degli organi collegiali, rendendo verticistica l’istituzione scolastica. Si accorpano presidenze. Si tagliano drasticamente i fondi messi a disposizione dell’istruzione, invece di incrementarli. E l’Italia, purtroppo, di suo destina solo risorse aleatorie!

La cultura ed i mass media che atteggiamento assumono? In molti convegni, autorevoli esperti ed opinionisti assiduamente di stanza in talk show e su rubriche giornalistiche, supportati dal selvaggio liberismo dominante, veicolano un messaggio inquietante: “La scuola deve funzionare come un’azienda, produrre merci, addestrare lavoratori al costo più basso, non uomini dotati di senso critico, creatività, umanità, e solidarietà”.

Vengano, quindi, punite le insolenze e gli abusi. Non si ricorra, però, alle solite ed inefficaci misure repressive. I ragazzi, d’intesa con i genitori, vengano avviati a lavori socialmente utili. Ad assistere anziani. Ad aiutare disabili. A pulire strade, giardini, palestre pubbliche.

Nessuno di noi, poi, salga in cattedra, con un becero moralismo di facciata, sorvolando sulle proprie responsabilità. Impariamo, invece, come singoli e come collettività, ad indignarci di noi stessi! E dopo lo sdegno, rimbocchiamoci le maniche ed offriamo modelli culturali, sociali, economici, politici, educativi veramente diversi. Alternativi!


Fontecommons wikipedia
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Percorso scolastico. Scuola media. Liceo classico. Laurea in storia e filosofia. I primi anni furono difficili perché la mia lingua madre era il dialetto. Poi, pian piano imparai ad avere dimestichezza con l’italiano. Che ho insegnato per quarant’anni. Con passione. Facendo comprendere ai mieli alunni l’importanza del conoscere bene la propria lingua. “Per capire e difendersi”, come diceva don Milani. Attività sociali. Frequenza sociale attiva nella parrocchia. Servizio civile in una bibliotechina di quartiere, in un ospedale psichiatrico, in Germania ed in Africa, nel Burundi, per costruire una scuola. Professione. Ora in pensione, per anni docente di lettere in una scuola media. Tra le mille iniziative mi vengono in mente: Le attività teatrali. L’insegnamento della dizione. La realizzazione di giardini nell’ambito della scuola. Murales tendine dipinte e piante ornamentali in classe. L’applicazione di targhette esplicative a tutti gli alberi dei giardini pubblici della stazione di Barletta. Escursioni nel territorio, un giorno alla settimana. Produzione di compostaggio, con rifiuti organici portati dagli alunni. Uso massivo delle mappe concettuali. Valutazione dei docenti della classe da parte di alunni e genitori. Denuncia alla procura della repubblica per due presidi, inclini ad una gestione privatistica della scuola. Passioni: fotografia, pesca subacquea, nuotate chilometriche, trekking, zappettare, cogliere fichi e distribuirli agli amici, tinteggiare, armeggiare con la cazzuola, giocherellare con i cavi elettrici, coltivare le amicizie, dilettarmi con la penna, partecipare alle iniziative del Movimento 5 stelle. Coniugato. Mia moglie, Angela, mi attribuisce mille difetti. Forse ha ragione. Aspiro ad una vita sinceramente più etica.