Il vero significato del femminismo è ancora ignorato da molti

Non posso non spendere qualche riga su “caso” Emma Watson, ventiseienne, attrice, modella e attivista britannica, nota al mondo intero per aver interpretato il celeberrimo personaggio di Hermione Granger nella serie cinematografica di Harry Potter, che recentemente è stata al centro delle cronache internazionali. Emma si è fatta fotografare con il seno appena scoperto per la rivista di moda Vanity Fair, in occasione dell’uscita del nuovo film Beauty and the Beast, in cui interpreta il ruolo della principessa Belle.

Parte del web non ha reagito positivamente, scatenandosi a suon di aspri tweet e commenti cattivi. Prima tra tutti, la famosa speaker radiofonica inglese Julia Hartley Brewer l’ha pesantemente attaccata sostenendo che esporre parte del proprio seno su una rivista sia incoerente con gli ideali femministi che la Watson, da tre anni ambasciatrice dell’ONU nonché ideatrice della campagna a favore delle donne HEforShe, si impegna a diffondere.

Nel 2017 la riflessione sulla debolezza del pensiero umano non è affatto anacronistica, anzi dovrebbe essere oggetto di maggiore interesse. Nell’era in cui ogni insignificante pensiero può istantaneamente diventare pubblico, sottoposto all’analisi e al conseguente giudizio di cinque miliardi di persone (promemoria: non tutti hanno un cellulare), fa strano pensare che individui noti come la Brewer, con ben 65400 followers sul suo profilo Twitter, non usino documentarsi a dovere prima di esprimere la propria opinione.

Una superficiale ricerca è infatti sufficiente per scoprire che ciò che è stato contestato alla Watson costituisce proprio uno dei capisaldi del pensiero femminista: il rifiuto delle convenzioni imposte dalla società, in favore della libertà di espressione; la convinzione che ogni persona possa vestirsi a suo piacimento e decidere quanto e come mostrarsi, che le donne possano essere donne a modo proprio e che le persone possano essere persone a modo proprio.

Il giornale HuffPost Women, per rispondere alla polemica sollevata dalla Brewer, ha lanciato l’hashtag “#whatfeministswear”, invitando le femministe (e i femministi!) di tutto il mondo a postare uno scatto che li ritragga con qualsiasi capo indossino in quel momento.

Anche Emma ha replicato chiedendo quale collegamento ci possa essere tra il suo seno e il femminismo. Siamo ancora convinti che, se una donna mostra il proprio corpo, debba trattarsi per forza di oggettivazione e non di self-empowering. Siamo ancora convinti che una femminista non possa essere considerata tale se si batte anche per i diritti degli uomini. O che non possa occuparsene indossando un rossetto vistoso.

Non è la società a classificarci e categorizzarci, ma le teorie che ognuno di noi sente di condividere e difendere.

Non siamo pezzi in balia di una catena di montaggio ma fiamme ardenti, colorate e tutte differenti. Unendoci illuminiamo di più, ci rendiamo maggiormente visibili, continuando tuttavia ad avere intensità e sfumature varie.

Non siamo, o non vogliamo essere, vittime di deduzioni semplicistiche e superficiali. Ciò che la nostra memoria confeziona e impacchetta, lo stereotipo, non è efficace per conoscere  la realtà che ci circonda.

Femminismo è credere nella parità sociale, politica ed economica dei sessi. Femminista è chi abbraccia tale idea, non importa se con o senza peli sulle gambe, con o senza trucco, con o il seno coperto o scoperto. Il movimento ucraino Фемен (FEMEN), fondato nel 2008, è divenuto celebre su scala internazionale proprio per la pratica delle adepte manifestare mostrando il seno scoperto, contro il sessismo, il turismo sessuale e altri tipi di discriminazioni sociali.

Emma Watson definirebbe i suoi membri individui liberi. La libertà è il fine del progetto HEforShe, che si batte strenuamente per il numero, ancora oggi elevatissimo, di spose bambine o di fanciulle alle quali è negato il diritto all’istruzione, e per molto altro ancora. Citando il suo discorso del 21 settembre 2014 alle Nazioni Unite, “come possiamo cambiare il mondo quando soltanto metà di esso si sente invitato a partecipare alla conversazione?”.

Il femminismo non è una questione strettamente “femminile”. Tutti dovremmo essere femministi. Dovremmo essere cioè liberi dai pregiudizi, dalle convenzioni antistoriche e scientificamente errate: gli uomini non costretti a essere violenti per manifestare la loro “forza” e le donne non costrette a subire tali violenze, gli uomini liberi di chiedere aiuto e le donne libere di fornirlo. “E’ ora che iniziamo a pensare al genere come a uno specchio e non come due insiemi opposti di ideali”, come ha detto Emma Watson.

Possiamo migliorare la situazione. Possiamo accogliere l’invito, per il nostro bene e per quello dei nostri figli, e cercare di essere tutti più liberi dagli stereotipi che ci spettano, mostrandoci per come siamo realmente.