“…si lavò le mani e disse:
Io sono innocente
del sangue di questo giusto”
(cfr. Mt 27,24).
Noi non possiamo dire che siamo innocenti del sangue di questi uomini e donne che bussano alla nostra porta. Nessuno potrà dire: io non sapevo, non ero a conoscenza, sottovalutavo. No, nessuno potrà tirarsi fuori e lavarsi le mani.
Nessuno, dell’opulento mondo occidentale, è innocente perché non possiamo non sapere e conoscere che la nostra ricchezza produce la povertà dell’altra parte del mondo con tutte le conseguenze nefaste che questa produce: fame, guerre, genocidi, torture, privazione della libertà, abbandono, forzato, della propria terra e dei propri affetti…
No, non è un nostro merito se viviamo in questa parte del mondo, i nostri privilegi, di cui molti approfittano, sono svantaggi, privazioni, perdite, sottrazioni per quanti vivono in una parte del mondo che non hanno scelto.
No, nessuno potrà lavarsi le mani per la lunga e atroce agonia di tanti uomini, donne e bambini.
Della morte di queste persone, certamente, noi, inquilini delle città traboccanti di tutto, non posiamo dire di non sapere perché tutti sappiamo, tutti abbiamo la possibilità di accedere alle informazioni è tempo di togliere le maschere e dire chiaramente se consideriamo queste persone uomini e donne come noi.
Siamo così sciocchi e illusi, a partire dai responsabili del bene comune, invochiamo sicurezza nei nostri Paesi e Città, contro la minaccia dell’immigrazione, l’intero sistema di sicurezza ‘copre’ noi ed esclude loro, siamo straconvinti ed allo stesso tempo illusi che basti rafforzare le nostre mura per respingere o attutire l’onda migratoria.
Non possiamo e non potremo dirci che siamo innocenti perché preferiamo ignorare la vita dell’altro, schiviamo l’incontro e l’incrocio con il volto. Abbiamo paura. Preferiamo, in nome di falsi ed esagerati allarmismi, fare spazio nella nostra esistenza ed aprire le nostre città alla collera, al celato desiderio di vendetta e di sentirci razza superiore.
Da che mondo è mondo circola un detto: “L’ospite è sacro”. Come mai nel nostro Paese e nell’intero mondo Occidentale stanno dominando i pregiudizi, l’ignoranza, i populismi, l’indifferenza, che di fatto pregiudicano l’accoglienza e l’ospitalità?
Nessuno è autorizzato a compiere crimini contro l’accoglienza e l’ospitalità e tanto meno a uomini e donne ‘votate’ a gestire il bene comune e delle persone.
Non possiamo dimenticare, con anatemi e comizi, che il gesto di accogliere l’altro non è che donare un luogo all’Altro, all’uomo, al prossimo, ognuno lo chiami come desidera, un luogo dove ‘dominano’ i valori dell’ospitalità, dell’umanità, della fratellanza, della condivisione, della cordialità. Non può esistere una comunità umana se l’accoglienza dell’ospite viene meno.
Io sono, fin dal mio esistere, stato accolto in un luogo non mio, ero ospite e straniero, eppure quel luogo mi ha accolto, nutrito, scaldato e amato. Ho abbandonato quel luogo, non perché espulso e cacciato, ma perché era arrivato il tempo della mia autonomia, sì, non c’era più nessun pericolo, era giunto il tempo di andare con tranquillità.
Quel luogo si chiama: ‘ventre’, sì, benedetto quel ventre che ha accolto e ospitato ogni uomo, lì abbiamo fissato la nostra residenza per diversi mesi e quel luogo non era nostro.
Non è concepibile né tantomeno umano violare i diritti umani in nome della sicurezza, del “non c’è più posto per loro”, rifugiandosi in un ipocrita “è il male minore”, perché scegliendo il male minore – ammesso che sia tale – si sceglie pur sempre il male.
“Le porte possono anche essere sbarrate, ma il problema non si risolverà, per quanto massicci possano essere i lucchetti. Lucchetti e catenacci non possono certo domare o indebolire le forze che causano l’emigrazione; possono contribuire a occultare i problemi alla vista e alla mente, ma non a farli scomparire”. (Z. Bauman, La società sotto assedio).
Possiamo continuare a tappare, a blindare, a innalzare, a sparare, ma quel che è grave è che così facendo imprigioniamo la nostra libertà e la nostra democrazia, e vanifichiamo il sacrificio di quanti hanno donato la loro vita per un Paese libero, solidale, democratico, umano.
No, non possiamo dimenticare questi uomini e queste donne.
“Io mi sento responsabile appena un uomo posa il suo sguardo su di me” (F. Dostoevskij).
FAVOLOSO ARTICOLO, CHE DENUDA LE NOSTRE IPOCRISIE, FACENDO CADERE LE MASCHERE DI IMPOSTORI. LO CONDIVIDO PIENAMENTE E LO CONSERVO PER POTERLO RILEGGERE IN UN ALTRO MOMENTO. DOMENICO
GRAZIE
Grazie.
Quello che più mi addolora è vedere con quanta indifferenza si permette che queste persone vadano incontro alla morte. Mi sento sempre più in colpa –in quanto uomo tra gli uomini-, perché con queste morti atroci ed ingiuste muore continuamente una parte della mia umanità ed un dubbio atroce pervade il mio animo: “Ho fatto tutto il possibile? O potevo fare ancora? Potevo osare di più? Signore Dio ti chiedo perdono”.