Scacciare e uccidere gli stranieri venuti in pace è un compito che storicamente abbiamo volentieri lasciato agli altri, noi mediterranei lo straniero lo abbiamo sempre accolto, aiutato, ospitato. È stato così dai tempi della Magna Grecia, fino almeno al Rinascimento, passando per il Medioevo e dunque per il nostro stimato Federico II di Svevia. Ecco che leggendo di certi fatti di cronaca locale legati all’immigrazione, mi è venuto d’istinto da pensare “chi glielo dice a Federico?”.

Chi dice a Federico che il 22 novembre un ghanese si è messo a minacciare i passanti con un palo di ferro e molti dei suoi amati andriesi hanno attribuito la colpa al fatto che fosse immigrato e nero e non mentalmente infermo? Chi dice a Federico che il 29 novembre un commerciante cinese è stato malmenato e derubato da 4 persone e molti dei suoi amati andriesi non hanno alzato un ciglio? Chi spiega a Federico che il club cittadino “Forza Silvio”, cercando goffamente di accaparrarsi i potenziali voti della “Lega” visto che in Puglia la “Lega” non c’è, il 7 dicembre ha raccolto le firme contro l’immigrazione clandestina?

Io di certo no, perché sinceramente mi vergogno.

A parlare con gli immigrati di Andria si scoprono sempre la stesse cose. Raccontano di singoli andriesi che li hanno aiutati massicciamente quando si son trovati in situazioni drammatiche, dopodiché raccontano di una quotidianità fatta di emarginazione, indifferenza e diffidenza reciproca. Del resto, chiedetevi quante volte avete discusso con uno di loro nell’ultimo anno; chiedetevi se in rubrica avete salvato il numero di almeno un arabo; quante volte in piazza, vedendoli in gruppo in disparte, avete provato a coinvolgerli con i vostri amici; chiedetevi se sareste disposti a dar loro un passaggio.

Lo stato di cose ci dice che anche da noi, come in gran parte di Italia, fra immigrati e autoctoni c’è tolleranza, ma non integrazione. Una tolleranza, tra l’altro, pronta a venir meno non appena le circostanze si fanno propizie.

Eppure noi siamo i preferiti di Federico! La trifora che ci guarda dal Castel del Monte, l’iscrizione sulla Porta di Sant’Andrea, che tanto ci fanno onore e ci inorgogliscono, dovrebbero richiamarci anche qualche responsabilità. Perché gli andriesi si fregiano di essere i fedeli all’Imperatore, ma non di uno qualsiasi, di quello definito “l’Anticristo” perché una volta arrivato in Terra Santa per la VI crociata, invece di combattere i musulmani strinse accordi con loro. Federico II che richiamò nella sua corte di Palermo i maggiori intellettuali europei e arabi perché cooperassero nella ricerca scientifica e culturale. Federico che con Scoto fece tradurre i testi greci in arabo e viceversa, che si innamorò e diffuse l’aristotelismo di Avicenna e Averroè. Federico che iniziava le lettere con la Basmala e le chiudeva con “as-salamu ‘aleikum”. Federico che si è fatto seppellire con una tunica adornata da calligrafie arabe. Federico di cui Nietzsche avrebbe poi detto: “Pace ed amicizia con l’Islam! Così pensava e così fece quel grande spirito libero, il genio tra gli imperatori tedeschi, Federico II”.

Oggi Federico non c’è più e per fortuna nessuno gli deve dire niente, ma se vogliamo che le parole “svevo”, “federiciana”, “normanno” non restino vuoti denominatori di pizzerie ed associazioni, è il caso che proprio noi, i protetti dello “Stupor Mundi”, rimaniamo fedeli anche oggi, come allora, ai suoi lasciti. È il caso che si riparta da una parola, quella che gli arabi ti ripetono per almeno 5 minuti quando entri in casa loro “ahlan wa sahlan, ahlan wa sahlan habibi, ahlan wa sahlan…” e che significa “benvenuto, mio caro”. È il caso, paradossale, di ripartire dal Medioevo, considerato che ancora più buio, per molti tratti, sembra il periodo contemporaneo. “Forza Federico”, vien da dire.

Andrea Colasuonno


[ In copertina un dipinto raffigurante Federico II di Svevia ]