Salve,
mi chiamo Chris Gard e sono qui con mia moglie Connie Yates per parlarvi di nostro figlio Charlie…”

Prima che i miei venticinque lettori mi accusino di disinformazione chiarisco subito un concetto: a scrivere questa lettera non sono solo i coniugi Gard, ma il sottoscritto. Ho immaginato le loro parole, alternandole a dichiarazioni ufficiali. No, nessuno scoop sensazionalistico, solo il desiderio di partecipare al loro essere Papà e Mamma. Sfortunatamente non ho ancora provato l’ebbreza di avere un figlio, ma so cosa voglia dire essere figlio, cosa voglia dire sentirsi amato.

Charlie andrà via sapendo di essere stato amato“, già, ma sappiamo tutti che non è del tutto così. Troppo piccolo, troppo batuffolo per accorgersi di quella rara forma di malattia che lo costringe ad una macchina, troppo fragile per scagliarsi contro la decisione della Corte Europea dei diritti umani, troppo innocente per attribuire colpe a qualcuno.

Quella spina va staccata, ce l’hanno detto i medici del Great Ormond Street Hospital di Londra. Mia moglie ed io abbiamo ubbidito. Avremmo voluto sottoporre Charlie ad una terapia sperimentale negli Stati Uniti. Non ce l’hanno permesso. Mia moglie ed io abbiamo ubbidito. Sapete, questo bambino lo abbiamo fortemente voluto, è il nostro Angelo caduto dal cielo, la nostra forza, il logico punto d’incontro dei nostri cuori. I nostri occhi si riflettono nei suoi, ma ora si chiuderanno per sempre. Una legge lo ha stabilito. Mia moglie ed io abbiamo ubbidito. Seppur brevemente, Charlie ha avuto una vita dignitosa, una di quelle vite che, guardandola da fuori, sarebbe da considerarsi fortunata, una vita fatta di linguacce e pappine, di giochi e pannolini da cambiare. Tra Connie, me e Charlie si è immediatamente instaurato un rapporto di fiducia, diverso dal classico rapporto genitori/figlio. Charlie ci svegliava di notte dal calore della sua culla, d’accordo, non parla ancora ma, credetemi, ha l’incredibile capacità di farsi capire. Da padre quale sono, ho subito intuito che volesse dormire nel lettone con noi. O, perlomeo, l’avrebbe fatto quando sarebbe tornato a casa. Ne sono certo, Charlie sarebbe guarito, avrebbe smesso di gemere per piangere di gioia, un pianto che pretende attenzione, cibo, igiene, un pianto disperato di chi non ha avuto diritto alla speranza. In fondo, cosa c’è di più bello per un Papà ed una Mamma? Mia moglie ed io abbiamo ubbidito. Non siamo autorizzati neppure a scegliere dove o quando Charlie morirà. E se si fosse salvato? Se queste cure sperimentali avessero sortito il loro effetto? Nella peggiore delle ipotesi avremmo accudito un bimbo diverso dagli altri, e allora, che male ci sarebbe? La Natura fa il suo corso, non spetta a noi regolarla. E poi diverso da cosa, diverso da chi? Forse non avrebbe frequentato l’università, che importa, sarebbe stato il nostro bambino! Non si sarebbe scatenato ai videogiochi, che importa, sarebbe stato comunque il nostro bambino! Sarebbe stato il cocco dei suoi fratellini, la mascotte della parrocchia dietro casa, viziato da nonni e zii. Che importa, che ve ne importa della nostra famiglia? Siamo come tutte le altre, i problemi ci sono dappertutto, perchè i nostri sono finiti sui giornali di tutto il Mondo? Charlie non c’è più, e non venite a raccontarmi di quanto sia bello essere genitori, perchè non vi credo, non credo più a nessuno! Ci hano detto di tornare presto ad essere felici. Mia moglie ed io abbiamo ubbidito!“.

Post Scriptum

Papa Francesco, in un suo tweet: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. 


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.