Caro Direttore, questo è un Paese pieno di intelligenze e di risorse, ma anche un Paese che non vuole cambiare e che ogni tanto ha bisogno di seguire in massa qualche pifferaio, che dura il tempo di finire nell’oblio.

Caro Direttore,

mi chiedi di intervenire in questo casino che è la campagna elettorale, che per fortuna sarà breve: sei settimane ancora, se Dio vuole… Allora, la prima osservazione che faccio è che lo scontro fra i partiti è aspro, ma non è serio, ha piuttosto l’aria di una Lotteria di Capodanno. Va detto, affinché la memoria non vada perduta, che toni del genere ne avevamo sentiti con la discesa in campo del Cavalier Berlusconi più di vent’anni fa, ma i picchi di spudoratezza questa volta sono ben più alti, roba da Himalaya. Chiarisco che non intendo assolutamente fare di tutt’erba un fascio, anche se qualche “fascio” qui e là ogni tanto spunta.

Vado con ordine, ammesso che sia possibile o che io sia in grado.

  • Il governo in uscita difende, giustamente, le buone cose che è riuscito a fare, non tutte perfette ma, molte, apprezzabili. Lo fa con i toni pacati di Gentiloni e di Padoan, con la verve di Calenda e della Lorenzin, con la foga millimetrica di Minniti. Per lavoro e immigrazione, temi caldissimi e centrali nel dibattito, i conti tornano, anche a detta dell’Istat e delle agenzie europee che monitorano l’andamento dei mercati. Renzi, che pure ha contribuito ai risultati col suo governo, ha pagato la gestione improvvida del referendum (sacrosanto, a mio parere) e, da leader dello schieramento, adesso risulta la palla al piede del Pd, del quale resta plebliscitato segretario. Chi capisce è bravo!
  • Berlusconi torna al comando come se nulla fosse successo in questi decenni, compresa la sua fuga dal governo (arrivò Monti) perché eravamo vicini alla bancarotta, altro che Grecia. Naturalmente, come babbo Natale, promette tasse dimezzate, pensioni per tutti, il mondo gratis: senza dirci dove prenderà i soldi. Salvini, portaborse che si è fatto leader della Lega, vede migranti dappertutto, vede l’Europa come l’ostacolo alla nostra sovranità nazionale, ci vuole fuori dall’Euro, come la Gran Bretagna che, se potesse, rientrerebbe domattina. Ruota di scorta, la Meloni, una Le Pen all’amatriciana che, dopo l’uscita dall’Euro, ci manca poco ci prometta la riconquista dell’Abissinia. Bene, ciò detto, è probabile che quest’armata Brancaleone vinca le elezioni.
  • Il Movimento 5 Stelle. Una pensata di Grillo e un affare per Casaleggio mettono a soqquadro il Paese, predicando come una Setta che gli uomini sono buoni (loro) o cattivi (tutti gli altri). Ora, non è per buttarla in burla, ma siamo di fronte a un fenomeno nuovo: un partito moderato fatto di estremisti di destra e di sinistra. Un miracolo o un imbroglio del genere, non si era mai visto. Di Maio, console e duce, un giorno esce dall’euro e un giorno ci rientra, un giorno aumenta la pensione a tutti e un giorno ne tace, un giorno…Vabbè, loro dicono di aver già vinto, ma temono che il Rosatellum possa ottenere lo scopo per il quale è nato: loro vincono le elezioni, ma governano gli altri, magari con una Grande coalizione alla tedesca (Berlusconi-Renzi, e cespugli che non mancano mai). C’è da sperare che il Rosatellum funzioni, non perché i ragazzi delle stelle siano cattivi, ma perché vivono sulla luna quanto a capacità di governo, e se ne fottono della Costituzione, e ne hanno scritta una tutta loro col Codice Rousseau (preferisco Voltaire, in questo caso).
  • Ci sarebbe da parlare della sinistra che più sinistra non si può. Un pasticcio di estremismi e di riformisti rinnegati (D’Alema e Bersani, innanzitutto) in odio a Renzi, che pur ci ha messo del suo per farsi odiare…
  • Poi ci sarebbe da frugare fra i cespugli, ma temo che spuntino troppe vipere (per quanto in inverno dovrebbero essere in letargo).
  • Infine si potrebbe fare un pensierino a quel Fontana e alla sua “razza bianca” da salvare, ma saremmo proprio in fondo al bidone della monnezza…

Caro Direttore, questo è un Paese pieno di intelligenze e di risorse, ma anche un Paese che non vuole cambiare e che ogni tanto ha bisogno di seguire in massa qualche pifferaio, che dura il tempo di finire nell’oblio.

Saluti carissimi.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

5 COMMENTI

  1. Una bella disamina della squallida realtà politica tipica dell’Italia che si prepara al voto. È stato sempre così da quarant’anni a questa parte. I politici impegnati, in un assurdo esercizio di stile retorico e di venditori di fumo, a fare promesse senza una minima consapevolezza su come trovare soluzioni reali per i problemi e i mali del paese. Il problema è che anche gli elettori non hanno memoria. Non è più tempo di turarsi il naso e votare il meno peggio. Anche perché la campagna elettorale ci sta insegnando che c’è solo il peggio, ovunque ti giri: a destra a sinistra e al centro.
    Tutti i partiti, con le loro balle spaziali, non sono altro che petali dello stesso fiore petaloso e indecoroso.

  2. Caro amico, la politica è la scienza del possibile, cioè del meno peggio, perché è bilanciamento di interessi spesso contrapposti. Tanto poi la realtà smentisce la balle spaziali. Diffidare dei profeti che cambiano il mondo complicato che ci tocca con soluzioni semplici, che non esistono.

  3. Carissimo, non sono molto d’accordo sul fatto che la politica, così come è coniugata in questa fase storica, sia una forma di scienza. Sarebbe auspicabile, ma i “mercanti” della politica stanno dimostrando di non amare molto il pensiero razionale, il quale rappresenta invece il principio fondante della scienza. La politica, al momento, la vedo come sterile concentrato di opinioni (le quali lasciano spesso il tempo che trovano), mentre la scienza si basa sul fact checking e procede per percorsi rigorosi del sapere: sintesi di esperienza e ragione.
    Quanto sarebbe bello se si tornasse a scegliere decisori competenti; quanto il nostro paese troverebbe giovamento in una classe politica scelta per competenze e non per appartenenze.
    C’è un valore che manca in questa campagna elettorale: la conoscenza!

  4. Nn credo che gli italiani adorino i pifferai!
    Penso che sia cosi entrata la consapevolezza della pochezza della nostra politica a tal punto che uno che vota berlusconi potrebbe votare per renzi, tanto alla fine nn cambia nulla.
    Cosa dovremmo fare? Rivoluzione?

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