La lezione del giurista arrivava a meno di dieci anni dell'entrata in vigore della nostra Carta costituzionale, Carta che Calamandrei aveva contribuito a scrivere, essendo stato eletto tra le file del Partito d'Azione all'Assemblea Costituente e membro della Commissione dei 75, incaricati di redigere il testo della Costituzione.

VERSO IL REFERENDUM: I PADRI COSTITUENTI

 È così bello, è così comodo, la libertà c’è, si vive in regime di libertà.. però la libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai. Ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare… “

A pronunciare queste parole, il 26 gennaio del 1955, è Piero Calamandrei, giurista, avvocato e uomo politico italiano, nonché Padre costituente.

Calamandrei si trovava in quell’occasione a Milano, nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria, davanti a centinaia di studenti di diverso grado per quello che sarà ricordato come il famoso “Discorso sulla Costituzione”.

La lezione del giurista arrivava a meno di dieci anni dell’entrata in vigore della nostra Carta costituzionale, Carta che Calamandrei aveva contribuito a scrivere, essendo stato eletto tra le file del Partito d’Azione all’Assemblea Costituente e membro della Commissione dei 75, incaricati di redigere il testo della Costituzione.

L’esperienza, la passione e la cultura giuridica di Calamandrei per i temi che riguardavano l’indipendenza della magistratura, i diritti sociali e i Patti Lateranensi furono indispensabili nel dibattito che portò l’Assemblea Costituente ad approvare la nostra Carta Costituzionale il 22 dicembre 1947, quasi settant’anni fa.

Piero Calamandrei, fiorentino, classe 1889, durante gli anni del ventennio fascista, pur da oppositore al regime, per le sue qualità di giurista era stato incaricato dall’allora ministro di giustizia Grandi di riformare il codice civile e quello di procedura civile con altri due giuristi.

Alla caduta del fascismo, nominato rettore dell’università di Firenze, aderì, con Ferruccio Parri e Ugo La Malfa al Partito d’Azione, di ispirazione mazziniana

Eletto all’Assemblea Costituente e membro della Commissione dei 75, durante i suoi interventi pose l’accento sulle criticità della Carta che l’assemblea si accingeva ad approvare.

Calamandrei considerava il testo di compromesso, poco rivolta al futuro, troppo concentrata sulle emergenze, sull’Italia del momento. Non aveva tutti i torti, d’altronde, il Paese che attendeva la nuova Costituzione era piagato da una dittatura, da una guerra che aveva distrutto intere città, dalla guerra civile divampata dopo l’armistizio del’8 settembre.

Ma allo stesso tempo, per il grande giurista, la Costituzione portava nel nostro Paese parole e concetti nuovi e positivi dopo la monarchia e la dittatura: Repubblica, sovranità popolare, autonomia regionale e soprattutto un nuovo organo, la Corte Costituzionale, considerata fondamentale da Calamandrei nell’ordinamento del nascente stato italiano.

Non sappiamo cosa penserebbe oggi il giurista fiorentino del referendum costituzionale.

Già pochi anni dopo l’approvazione della Carta, nel 1955, davanti agli studenti, Calamadrei ricordava che la Costituzione contiene delle premesse, dei principi, ma occorre sempre nuovo combustibile e nuova passione, impegno e responsabilità per dare vitalità alla Carta, “Testamento di centomila morti”.

Calamandrei affermava, sempre nel suo famoso discorso agli studenti, che in ogni articolo della Costituzione è possibile ascoltare voci lontane, voci degli uomini che hanno attraversato la nostra storia e gettato le basi per l’affermazione della libertà e della democrazia in Italia.

Nei primi articoli della Costituzione, nei principi fondamentali, Calamandrei individuava Mazzini con il suo ripudio alla guerra, Cavour con la “libera chiesa in libero stato”, Cattaneo con la promozione delle autonomie locali, e Beccaria con il ripudio della pena di morte.

Ma a contribuire alla nascita della nostra Costituzione non sono stati solo personaggi importanti le cui gesta leggiamo nei libri di storia.

Quello che rimane del discorso del Padre Costituente fiorentino è soprattutto il pensiero ai tanti sconosciuti che hanno dato la loro vita per la nascita della democrazia in Italia. Calamandrei ricordava agli studenti milanesi, e ci ricorda ancora oggi, che per quella Costituzione, per “riscattare la nostra libertà” sono morti migliaia di coetanei di quei ragazzi che quel giorno di gennaio del lontano 1955 ascoltavano la lezione di Calamandrei che sarebbe rimasta nella storia: “Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro a ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta”.

È ricordando loro che Calamandrei chiudeva il suo discorso sulla Costituzione.

Oggi che le forze politiche dibattono se votare sì o no, forse sarebbe il caso di rileggere la nostra Costituzione non nella parte che potrebbe essere modificata, ma nella prima parte, lì dove, come diceva Calamandrei, davanti a parole bellissime come democrazia, laicità, uguaglianza, possiamo ascoltare e ringraziare chi, morendo per l’Italia, ci ha regalato la libertà, valore ormai acquisito dalle nostre generazioni e per questo, spesso, dimenticato.

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VERSO IL REFERENDUM: I PADRI COSTITUENTI

Giorgio Amendola

Giuseppe Dossetti

Vittorio Foa

Sandro Pertini


1 COMMENTO

  1. Che cosa direbbe oggi Pietro della Costituzione prodotta da Verdini, plurinquisito e dalla Bosxchi, legata tramite il padre ed il fratello alla Banca Etriaia che ha gettato sul lasctico tante famiglie? “Un obbrobrio”, che offende tutti quelli che si sono sacrificati per la libertà, che depriva ulteriormente il popolo italiano del diritto alla sovranità.

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