Ancora una volta il terremoto colpisce di notte, nel momento in cui, traditi dal sonno, siamo senza armi, senza difese, soli, senza una mano da stringere, se non calcinacci e sangue: non riusciamo a stringere tra le braccia nemmeno coloro che amiamo.

Il terremoto in pochi secondi ha disgregato un equilibrio: non siamo padroni del nostro “destino”! E qui addomestichiamo una parola più grande, che è “mistero”. Il terremoto ce la ripropone, in maniera drammatica e orribile dove anche il cuore più duro mostra sfacciatamente le proprie infossate e insanabili crepe e l’anima si trova a corto di un fiato che non arriva se non sotto l’impeto del singhiozzo.

La mattina del 24 agosto ci siamo svegliati sotto choc: tante scosse di terremoto in una zona di circa 30 chilometri compresa fra Lazio, Marche e Umbria hanno dilaniato, distruggendo e cancellando completamente alcuni centri con forti ripercussioni nelle confinanti aree.

Gli esperti parlano di una vasta zona da sempre a rischio terremoto per lo “stiramento” dell’Appennino: ossia quel processo di estensione da Est a Ovest che è all’origine dell’attuale sisma.

Ci troviamo di fronte al dolore subìto, al dolore condiviso, al dolore disperato, al dolore del corpo e al dolore dell’anima. Giovani e anziani, poveri e ricchi, forti e deboli, tutti accomunati da una stessa ferita che mette insieme credenti e non credenti in una solidarietà quale grande patrimonio da spendere per il futuro. È questa la vera forza per contrastare la distruzione del sisma.

Questo permette di guardare fiduciosi in avanti nonostante quella fragilità che apre alla sensibilità e all’ascolto. Il vento e le macerie non ascoltano nessuno; ricacciano ciascuno nella propria disperazione; è la straordinaria forza della solidarietà di queste ore il segno che il cuore umano è fatto per il bene e per donare.

I morti sotto le macerie non risorgeranno qui e ora, ma hanno messo un fuoco ardente nell’animo di tanti da farli risorgere dal torpore vacanziero e a riscoprire la fraternità. Su tutto un richiamo potente ed estremo ad essere uomini.

Don Fabio Gammarrota, parroco di Cittareale e Posta (Amatrice) mette in guardia dal non fare polemiche, “ora è il momento di intervenire in silenzio. In silenzio, ma con il rosario in mano, sapendo che il rosario si scheggerà contro le pietre tirando fuori le persone, perché ora è questa la priorità. Il sisma ha colpito tutte le case: sono crollate abitazioni vecchie e recenti”; sono crollati i sogni e forse, rubata dalla sconforto, anche la speranza.

Su Frontiera, il giornale on-line della diocesi di Rieti, si trova una notizia tragicamente emblematica, fatta rimbalzare anche dal sito on-line Settimana News: «Il pomeriggio di sabato 13 agosto scorso ha visto il vescovo Domenico Pompili, vescovo di Rieti recarsi ad Amatrice per aprire una Porta Santa nella chiesa di Santa Maria Assunta». La Porta Santa, si precisa, «rimarrà aperta solo per un certo periodo (verrà chiusa il 16 ottobre prossimo)».

La devastazione del terremoto manterrà sempre aperta quella Porta. Vorremmo soltanto attraversarla col silenzio sulle labbra e con un cuore orante.

Dopo l’emergenza ci sarà l’opera della ricostruzione che richiederà la virtù della pazienza. Questa è certezza nel presente: è la pazienza dei profeti che non cede alla rassegnazione e alla maledizione. Il terremoto non sempre è quello esterno, ma a volte è anche dentro di noi.

La notte della paura non scompare con l’ultima scossa!