La situazione, in cui versa il centro storico della città di Andria, è indubbiamente negativa, infatti è notevole il disagio che, quotidianamente, vivono sia commercianti che residenti.

“Occhio” sull’alcol. Annalisa è una giovane madre, titolare di un negozietto di alimentari presente nel centro storico della città di Andria. Ha deciso di condividere, in questa breve intervista, il suo pensiero con riferimento alle caratteristiche della “movida andriese” e dei giovani che la caratterizzano.

 

Lei è titolare di un piccolo punto vendita di prodotti alimentari, ubicato nel centro storico della sua città. Quale, secondo Lei, la reale situazione in cui versa il centro storico andriese?

La situazione, in cui versa il centro storico della città di Andria, è indubbiamente negativa, infatti è notevole il disagio che, quotidianamente, vivono sia commercianti che residenti. I primi si trovano a dover scegliere se anteporre il guadagno all’etica ed in questo momento storico, di notevole crisi economica, la scelta è sicuramente ardua. I secondi invece sono costretti a vivere una convivenza forzata con gruppi di giovanissimi, di età compresa tra i dodici e quindici anni, “armati” di bottiglie di birra, vino o liquore e soprattutto poco inclini al rispetto delle regole e quindi del prossimo. Molti di questi giovani purtroppo sono stati letteralmente catturati dai pericolosi, e letali tentacoli della droga e dell’alcol; infatti, facendo uso costantemente di queste sostanze, si trasformano in vere e proprie schegge impazzite: molti di loro sembrano posseduti da una forza irrazionale che li rende anche molto violenti. Io ho aperto la mia attività solo quattro mesi fa e, pur conoscendo superficialmente la situazione che avrei vissuto, sono rimasta totalmente spiazzata dall’anarchia imperante in questo bellissimo scorcio storico di Andria. Anarchia che si nutre costantemente dell’indifferenza delle istituzioni e della cittadinanza.

Giovani e dipendenze da alcol, droga e tanto altro. Lei ha anteposto la morale, e il rispetto delle regole, al guadagno facile rifiutandosi quindi di vendere alcolici ai minori. Il suo comportamento rappresenta l’eccezione o la regola, rispetto al comportamento della maggioranza di altri suoi colleghi?

Grazie a Dio non sono l’unica a rifiutarsi di vendere alcolici ai minorenni, in quanto, nelle immediate vicinanze del mio punto vendita, ci sono anche altri negozianti che hanno sposato la mia medesima, e a tratti impopolare, scelta. La mia “atipica” decisione discende dal mio ruolo di madre: infatti, il pensiero che, un domani, le mie due bambine, possano essere come quei ragazzi, di cui ho parlato precedentemente, genera in me panico. Quindi cerco di rendere migliore, nel mio piccolo, la società nella quale le mie figlie vivono e crescono. Per queste innocenti bambine ho deciso di anteporre al guadagno facile la morale e il rispetto delle regole, perché bisognerebbe spiegare a questi ragazzi che l’alcol crea dipendenza fino a rendere l’assiduo consumatore una larva umana. Ritengo che la vera e propria giornata infernale sia il sabato sera, quando vi è un continuo via vai di giovani che richiedono alcol di tutti i tipi perché l’imperativo è sballarsi.

La legge vieta la vendita di alcolici ai minori di anni diciotto. Registra, attraverso la sua esperienza quotidiana, delle contraddizioni che rendono facilmente derogabile il predetto divieto?

I comportamenti virtuosi vengono vanificati purtroppo da autorizzazioni pubbliche inconcepibili. Mi riferisco, in particolare, alla presenza, in prossimità del mio punto vendita di un distributore automatico, aperto h24, nel quale qualsiasi ragazzino, munito di una semplice tessera sanitaria facilmente reperibile, può acquistare ogni tipo di bevande alcoliche. Spiace, inoltre, constatare che anche tanti miei colleghi vendano con tanta facilità alcolici a bambini di 13 anni. Ritengo che la questione sia squisitamente sociale e quindi dovrebbe interessare tutti, non solo noi commercianti. Mi riferisco soprattutto ai genitori di questi ragazzi che si sballano ogni sera e poi la mattina vanno a scuola. Ma in quali condizioni? Mi chiedo come sia possibile che questi genitori non si rendano conto della deriva umana che sta colpendo i loro figli.

Attraverso il suo lavoro ricopre una posizione privilegiata per fotografare la realtà giovanile andriese. Come descrive le nuove generazioni della città dell’olio?

È vero, noi negozianti ricopriamo una posizione privilegiata utile a cogliere le peculiarità delle giovani generazioni andriesi. Penso che le scelte impopolari, adattate da me e da altri pochi colleghi, servano a ben poco se non vengono sostenute dall’impegno sinergico di istituzioni pubbliche, scolastiche e parrocchiali. I giovani di oggi sono in balìa delle onde e purtroppo sono abituati ad ottenere, senza alcun sacrificio, tutto ciò che desiderano: ragazzini viziati che sguazzano nella palude dell’impunità. Noi abbiamo dovuto conquistarcela quel poco di libertà, loro non hanno nient’altro da conquistare! Poi c’è da dire che soprattutto le ragazze di oggi appaiono molto disinibite, in primis con riferimento all’utilizzo del loro corpo. Guardando le ragazze di oggi mi capita spesso di riflettere su che tipo di mamme e donne diventeranno.

Lei è una giovane madre. Qual è la sua paura più grande connessa al futuro delle sue figlie?

Ho la grande paura che questa società amorale, un giorno, possa portarmi via le mie figlie. Ho paura perché ritengo che l’amoralità, oggi, sia la regola e non l’eccezione. Ho paura perché, troppo spesso, mi sento impotente e quindi incapace di proteggerle. Ti racconto un aneddoto: nel mese di maggio dello scorso anno, mia figlia, di soli 5 mesi, era ricoverata nel reparto di pediatria dell’ospedale di Andria. Ricordo che era un sabato sera e che il silenzio del reparto fu improvvisamente interrotto dalle urla di una dottoressa che si opponeva al ricovero di una ragazzina, di sedici anni circa, in coma etilico e abbandonata, per strada, priva di sensi. La dottoressa non voleva ricoverarla perché il reparto risultava privo delle attrezzature specifiche che richiedeva il caso clinico. Dopo 4 giorni di coma, la ragazza fu trasferita a Bari e non so che fine abbia fatto. Quella situazione terribile, e il vedere quella giovane inerme su una barella avvolta in una coperta termica e collegata a diversi macchinari utili a rianimarla, mi ha sconvolta spingendomi ad abbracciare con forza mia figlia tenendola stretta per tutta la notte.


Articolo precedenteSan Giuseppe da Copertino
Articolo successivoÈ nato il Manifesto di Trevico. Intervista a Franco Arminio
Una famiglia dalle sane radici, una laurea in Giurisprudenza all’Università di Bologna, con una tesi su “Il fenomeno mafioso in Puglia”, l’esperienza di tutti i giorni che ti porta a misurarti con piccole e grandi criticità ... e allora ti vien quasi spontaneo prendere una penna (anzi: una tastiera) e buttare giù i tuoi pensieri. In realtà, non è solo questo: è bisogno di cultura. Perché la cultura abbatte gli stereotipi, stimola la curiosità, permettere di interagire con persone diverse: dal clochard al professionista, dallo studente all’anziano saggio. Vivendo nel capoluogo emiliano ho inevitabilmente mutato il mio modo di osservare il contesto sociale nel quale vivo; si potrebbe dire che ho “aperto gli occhi”. L’occhio è fondamentale: osserva, dà la stura alla riflessione e questa laddove all’azione. “Occhio!!!” è semplicemente il titolo della rubrica che mi appresto a curare, affidandomi al benevolo, spero, giudizio dei lettori. Cercherò di raccontare le sensazioni che provo ogni qualvolta incontro, nella mia città, occhi felici o delusi, occhi pieni di speranza o meno, occhi che donano o ricevono aiuto; occhi di chi applica quotidianamente le regole e di chi si limita semplicemente a parlare delle stesse; occhi di chi si sporca le mani e di chi invece osserva da una comoda poltrona. Un Occhio libero che osserva senza filtri e pregiudizi…