Il 20 luglio perde la vita su Carlo Giuliani. Ma non parlerò di questo. Quello che mi interessa è ciò che è successo nella Diaz. La scuola era stata assegnata dal Comune di Genova per essere adibita a dormitorio e call center del Genoa Social Forum. La sera del 21 luglio venne dato l’ordine di perquisire la scuola per “sospetta presenza di Black Bloc”, dove dormivano stranieri, giornalisti, alcuni ragazzi che non erano potuti ripartire il giorno stesso, per un totale di 93 persone.

Per una semplice perquisizione, irruppero nella scuola poliziotti in tenuta antisommossa. 63 persone furono ricoverate a causa delle lesioni (che inizialmente la Polizia dichiarò “pregresse” rispetto alla perquisizione). Chi veniva portato in ospedale, venne portato nel giro di poche ore nella Caserma di Bolzaneto, dove si sono consumate alcune delle violenze più rivoltanti della storia repubblicana.

La sentenza della CEDU chiude la questione: nella Diaz ci fu tortura. E non lo si può negare di fronte ad Arnaldo Cestaro, pensionato all’epoca 65enne, che porta ancora oggi i segni della violenza.

Sulla Diaz si tende a fare del facile manicheismo: chi dice che a Genova ci fossero manifestanti buoni e poliziotti cattivi e chi dice che ci fossero poliziotti che hanno svolto il proprio dovere e un branco di sfaccendati che distruggevano la città. La realtà è multidimensionale.

C’era una protesta buona e una cattiva, ci sono poliziotti buoni e poliziotti cattivi. Chi è entrato alla Diaz non si è fatto lo scrupolo di essere buono o cattivo, si è fatto disgustosamente guidare dall’adrenalinico istinto animalesco della sopraffazione dell’altro. E non nego che ci sia stato chi è entrato con un intento preciso, ma sono sicura che c’è stato anche chi ha seguito il branco e oggi non ha ancora il coraggio di parlare.

Questo apre una problematica: come viene formato chi farà parte delle forze dell’ordine? Gli viene insegnato come gestire l’adrenalina?

Ciò che è davvero preoccupante di tutta questa vicenda è la fonte dell’ordine di perquisizione. È chiaro che chi ha alzato la cornetta non ha semplicemente detto “trovate i Black Bloc e arrestateli”, ma deve aver aggiunto qualcosa che suona tipo “menateli tutti”. Perché altrimenti si apre un’altra questione: quanta autonomia viene lasciata alle forze dell’ordine, detentori dell’uso legittimo della forza?

Ma qualcuno avrà pur dato l’autorizzazione: il capo della Polizia De Gennaro? Il ministro dell’Interno Scajola? O il primo Ministro Berlusconi? Chissà se avremo mai una risposta.

Due questioni sembrano emergere: innanzitutto, bisogna fare i conti con la qualità della formazione e della selezione delle forze dell’ordine. Vi sono sindacati, all’interno della Polizia, che non perdono occasione per ricordare il loro rimpianto per un’impostazione militaresca della Società. Parlo del COISP, parlo di fascismo. Dal COISP, infatti, è giunto il sostegno a Fabio Tortosa (il poliziotto che ha dichiarato di esser pronto a rientrare nella Diaz). È giusto, eticamente e politicamente, che nelle forze dell’ordine siano ammessi sindacati del genere? O è da ipocriti ammetterne l’esistenza e rimanere sorpresi di fronti a massacri come quelli del 2001?

L’altra questione è politica. Nel 2011 la sinistra italiana era in totale disgregazione. Le incertezze e la debolezza politica del PD ha contribuito alla nascita del Governo Monti, all’indomani delle dimissioni di Berlusconi nel novembre 2011. Nel 2001 Berlusconi ha polverizzato la concorrenza del (debolissimo) candidato Francesco Rutelli. Non è un caso che il governo più longevo della storia repubblicana sia stato proprio il Berlusconi II (e III): L’ulivo era in completo disfacimento, registrando l’ultimo guizzo di vitalità con il Governo Prodi del 2006.

Questa curiosa simmetria, mi porta a una domanda: esiste una correlazione tra la scarsa rappresentatività della sinistra e l’esplosione delle istanze sociali?

Che l’Italia abbia un problema irrisolto con i fascismi, è sotto gli occhi di tutti. Che ci siano sindacati (e quindi membri dei sindacati) all’interno della polizia che inneggiano all’ordine militaresco è preoccupante, oltre che pericoloso. E che la sinistra debba farsi delle domande, è ormai una necessità.

La CEDU, con la sua sentenza, ha condannato l’Italia e quindi ogni italiano. Siamo tutti responsabili di quello che è accaduto, siamo tutti responsabili di quello che accadrà.
Il movimento No Global aveva compreso che, nella società globalizzata, ogni economia, ogni società, diventa sempre più interconnessa e dipendente dalle altre. Per questo, anche un’azione innocua come il voto (o la scelta stessa di non votare), implica delle conseguenze: ogni azione ha portato alla Diaz, da colui che ha messo la croce sulla scheda elettorale, passando per la telefonata che ha dato l’autorizzazione, fino al manganello che si schianta contro un cranio. Io mi sento responsabile.
I responsabili, un po’ meno.

(Leggi la prima parte)